giovedì 23 ottobre 2008

Il secondo frammento - La leggerezza di una piuma tra le mani, la delicatezza delle parole sul cuore

"E' un bellissimo quadro, signorina." disse.
"Grazie, signore. Lei è davvero molto gentile." risposi, malcelando un sottile entusiasmo.
"Oh, no, non è gentilezza. E' sincerità." ribatté lui, sorridendomi con dolcezza. "Come mai tutta sola, qui?"
"E' un bel posto. C'è pace. E la natura è incontaminata e selvaggia. E' il posto ideale per dipingere." fu la mia risposta. Mi sentivo stranamente nervosa dinanzi a tanta affabilità e cercavo di nasconderlo indirizzando il mio sguardo altrove, giocherellando con i capelli.

"E per fare nuove conoscenze." concluse lui.
"Sono Sophia." dissi, stupendomi di tanta audacia. Ero conosciuta dai più per essere una ragazza estremamente timida e introversa.
"Incantato, Sophia. Se non sbaglio significa saggezza. Un bellissimo nome per una meravigliosa fanciulla." mi disse, mentre si accovacciava ai piedi dell'albero senza togliermi gli occhi di dosso.
"E lei è?" chiesi, avvicinandomi a lui quel tanto che bastava per notare che sul dorso della mano aveva uno splendido tatuaggio. Era inusuale che a quei tempi un uomo mostrasse con tanta disinvoltura un tatuaggio, tra l'altro in un posto così visibile agli occhi della gente. Era una bellissima piuma bianca e argentata.
"Io sono innamorato." mi rispose sorridendo e socchiudendo gli occhi come se avesse avuto il sole difronte.

"Davvero?" chiesi. Voleva prendermi in giro e decisi di stare al suo gioco. "Nemmeno lei mi è indifferente." civettai, continuando a stupirmi di quanta sfacciatagine stavo dimostrando per la prima volta in vita mia.
"Cosa? Ma io parlavo del suo dipinto! Vorrei acquistarlo!" rispose lui, fingendo di essere sorpreso.
La sua risposta riportò a galla la mia natura timida e impacciata e mi sentii d'un tratto il fuoco in viso.
"Oh mamma, che figuraccia. Mi perdoni." risposi, iniziando a guardarmi intorno per non incrociare lo sguardo di lui.
"Io sono Micael" mi disse d'un tratto, quasi avesse finalmente notato il mio estremo imbarazzo per la situazione. "E stavo scherzando. Non sull'essere innamorato, ma sull'oggetto del mio interesse. Sono innamorato di lei."

A quelle parole una vampata di calore pervase il mio corpo e dovetti sedere sul prato per evitare di cadere come un frutto maturo dall'albero.
"Le mie parole la mettono in difficoltà?" mi chiese e la risposta che riuscii a dargli fu soltanto un brusco scossone con il capo. Non mi era mai accaduto prima di allora di provare delle sensazioni così forti nei confronti di uno sconosciuto. A dir la verità, non mi era mai capitato di provarle per nessuno; non riuscivo nè a parlare, nè tantomeno a muovermi. Rimasi immobile a fissare la sua piuma bianca e argentata.
"Dove ha imparato a dipingere in questo modo?" mi chiese, forse per rompere il ghiaccio che si era venuto a creare.
"Ho sempre amato disegnare, ma non ho mai avuto la possibilità di frequentare una scuola o un corso, quindi diciamo che sono autodidatta."
"Non esistono gli autodidatti, esistono i talentuosi. Lei ha talento, Sophia." mi disse gentilmente. Non riuscivo a capire se le sue parole fossero sincere o solo di circostanza, ma cercai di non farmene un cruccio. In fondo, si trattava sempre e comunque di complimenti e una donna non può fare altro che accettarli con garbo. E un pizzico di esaltazione.
"La ringrazio, Micael."
"Mi dia del tu. Dica, grazie Micael."
"Grazie Micael."
"Mi piace come pronuncia il mio nome. " mi disse sorridendomi con gli occhi. Quegli occhi. Avrei desiderato morirvi dentro tanto erano belli e profondi.
"Beh, però dammi del tu a tua volta." dissi per sviare il discorso.
"Va bene, Sophia, ti darò del tu."
Restammo in silenzio per lunghi attimi. Attimi in cui lui non faceva che osservare prima il mio quadro, poi me, poi ancora il mio quadro e di nuovo me.
"Quel dipinto dice molto di te, sai?"
"Davvero? E cosa ti dice?" chiesi, quasi volessi sfidarlo.
"I colori predominanti sono il blu e il viola."
"Beh, mi sembra ovvio, questo lo vedrebbe chiunque." dissi prendendolo in giro.
"Lasciami finire. A differenza di ciò che si dice, ovvero che blu e viola sono dei colori freddi, quelle tinte sono in realtà ricche di significati profondi e intimi. Il blu è il colore della quiete, della pacatezza. Inoltre è il colore della capacità di adattamento. Sei una ragazza tenace ma delicata al tempo stesso e il tuo adattarti ad ogni situazione è un punto di forza molto importante per una donna." disse, iniziando ad accarezzare una radice dell'albero che fuoriusciva dal terreno. I suoi gesti erano delicati e affettuosi, quasi come se stesse accarezzando un gattino accoccolato accanto a lui.
"Interessante" dissi "e il viola?"
"Oh, dolce fanciulla, il viola è il colore che preferisco. E che tu preferisci. Il viola denota la metamorfosi interiore, la voglia di cambiamento radicale. Questo è ciò che desideri nel profondo del tuo cuore." si alzò in piedi e mise entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni.
"Inoltre, è il colore della magia e del mistero. E dell'unione degli opposti, del diverso."
le sue parole erano rese ancora più affascinanti dal suo tono di voce. Mai prima di allora avevo udito un simile timbro vocale in un uomo.
"Eh si, nella mia vita c'è tanta magia e tanto mistero." dissi ridendo, mentre mi levavo anche io in piedi. Mi porse la mano, per aiutarmi, e stringendola sentii un vortice di emozioni pervadere il mio corpo.
"Non immagini nemmeno lontanamente quanto veritiere siano le parole che hai appena detto, Sophia. Non lo immagini." sorrise, ritraendo la mano e voltandosi.
"Si è fatto tardi, devo andare dolce fanciulla." mi disse.
Mi intristii di colpo, non volevo che andasse via ma non potevo fermarlo.
"E' stato un piacere conoscerti, Micael." fu l'unica cosa che riuscii a dirgli.
"Oh no, Sophia, il piacere è stato interamente il mio." si incamminò verso la strada, voltandosi una o due volte prima di raggiungerla.
Volevo fermarlo, ma non trovavo nessuna scusa per poterlo fare; ero consapevole, anche se non ne capivo il motivo, di voler rimanere in sua compagnia ancora a lungo. Cercai di farmi forza e prima che sparisse dietro la linea d'orizzonte gli urlai:
"Posso rivederti?" non ho mai saputo da dove provenisse tutto il coraggio e la sfacciataggine che avevo tirato fuori quel pomeriggio.
"Certamente, devo venire a prendere il quadro. Non darlo a nessun'altro, mi raccomando." disse. La sua voce era bassissima e il rumore del vento che si era alzato improvvisamente la coprì parzialmente. Eppure, riuscii a sentire con perfezione ciò che aveva detto.
Mi voltai verso il quadro, toccandomi il viso; era bollente. Quell'uomo misterioso aveva letteralmente fatto divampare delle fiamme dentro di me.
Guardai il cielo e notai che era improvvisamente diventato buio. Era ora di tornare a casa.

martedì 21 ottobre 2008

Il primo frammento - La profondità di uno sguardo, l'inevitabilità di un marchio sul cuore

Il giorno che lo incontrai per la prima volta resterà impresso nella mia memoria per tutta la vita. Marchio indelebile sul mio cuore. Quella mattina, avevo deciso di recarmi in una radura un po' distante da casa per dedicarmi a me stessa; questo significava staccare la spina dal resto del mondo circostante ed immergermi nell'unica cosa che mi rendeva davvero consapevole di essere viva. Dipingere.
Attesi pazientemente che il sole fosse abbastanza alto nel cielo da illuminare la strada e mi accomodai in sella alla mia bicicletta, tela e colori ben saldi sulla schiena.
L'aria era ancora fresca, quel flebile sole appena sveglio difficilmente avrebbe potuto scaldarla con velocità, ma io amavo la sensazione di quel fresco benessere sulle gambe mentre pedalavo e di conseguenza non me ne preoccupavo.
Quando arrivai alla radura la trovai ancora completamente sopita; nessun rumore aleggiava nell'aria, gli uccelli non avevano ancora iniziato a cinguettare e nessun alito di vento agitava le foglie degli alberi e i fili d'erba appesantiti dalla rugiada. Era uno spettacolo meraviglioso, ma non era quello che volevo dipingere su quella tela.
Avevo deciso, comprandola con i miei sudati risparmi, che ciò che avrei dipinto su quella trama sarebbe stato qualcosa di speciale, qualcosa che fosse davvero degno di essere rappresentato. Qualcosa che non sarebbe mai dovuto morire e che avrebbe dovuto restare per tutta la mia vita così come io lo avevo visto.
E così fu.
Stesi una stuoia di paglia sul prato, all'ombra di un grande albero, e sedetti frugando dentro la borsa, in cerca della mela verde che avevo preso nel cesto della frutta per fare colazione.
Lentamente la radura iniziò ad animarsi e la mia solitudine forzata essò di essere; le farfalle iniziarono a danzare sui fiori sparsi qua e là sul prato e gli uccelli iniziarono il loro meraviglioso e assillante concertino. Alzai gli occhi al cielo e tra i rami dell'albreo che mi faceva da rifugio scorsi qualcosa.
Un nido di pettirosso faceva capolino tra le foglie verdi e rigogliose e mi sembrò di notare al suo interno delle uova ancora chiuse. Sorrisi, pensando alla magnificenza della vita e a ciò che era in grado di fare la natura. Il momento di dipingere giunse con ciò che vidi abbassando lo sguardo verso la linea dell'orizzonte; le nuvole che sovrastavano la radura e le colline circostanti si tinsero d'oro e cremisi allo stesso tempo e tutta la natura intorno mi sembrò quasi sottomessa a tanta imponenza.
Sistemai la tela sul cavalletto e mi armai di carboncino per imprimere un abbozzo di ciò che i miei occhi stavano osservando. Fotografai nella mia testa ogni più piccolo e insignificante particolare di quella scena, ogni singolo movimento che potevo notare intorno a me, cercai di trasformare in immagine qualsiasi suono pervenisse alle mie orecchie.
Mi alienai completamente dalla realtà, immergendo ogni fibra del mio corpo nel disegno che si veniva a delineare nella mia mente. Viola intensi, azzurri sgargianti e blu profondi. Ciò che vedevo assumeva quelle colorazioni, l'immagine che avevo davanti mutava forma e sostanza attraverso i miei pennelli, pur non perdendo la connotazione di imponenza e maestosità che aveva in realtà.
Ero fatta così. Il mondo come lo vedevo, per quanto meraviglioso e affascinante, attraverso i miei occhi aveva sempre subito modifiche d'impatto. Non perchè ciò che era non mi piaceva, semplicemente perchè il famoso velo di Maja dinanzi ai miei occhi trasformava le cose così come io le preferivo.
Pur ssendo completamente assorta in ciò che stavo facendo, mi accorsi che qualcuno mi stava osservando da lontano. Era lì da un po', immobile come una pietra; sembrava far parte integrante del paesaggio che avevo intorno. Quella visione non mi scosse più di tanto, il fatto che mi stesse osservando non mi infastidiva affatto. Eppure, c'era qualcosa in quell'individuo che continuava a richiamare la mia attenzione; i miei occhi, per quanto cercassi di controllarli, continuavano a girarsi verso la sua parte di paesaggio.
Fino a che non lo vidi più.
Posai il pennello e la tavolozza sul prato e iniziai a guardarmi intorno, prima a destra, poi a sinistra. Quell'individuo era sparito. Mi avvicinai ala tela ed iniziai ad osservarla per cercare particolari che non mi convincessero appieno, ma per la prima volta in vita mia tutto mi sembrò perfetto. Sorrisi e ripresi in mano il pennello.
"E' un quadro bellissimo." disse una voce alle mie spalle. Mi voltai e lo vidi chiaramente. Era l'uomo di poco prima che, come un silenziosissimo gatto, si era avvicinato a me senza che io me ne accorgessi.
"Come dice, scusi?" chiesi.
"E' davvero un bellissimo quadro, signorina." ribadì, avvicinando il suo volto alla tela, come se volesse penetrare con il suo essere l'essenza del mio dipinto. La sua voce era calda, suadente, quasi tangibile nell'aria. E i suoi occhi erano splendidi; non erano le sue labbra a sorridere, erano quei meravigliosi e profondissimi occhi azzurri.
E furono proprio quegli occhi che, contro la mia volontà, mi trascinarono inesorabilmente nel vortice del mio primo, vero, grande amore.

martedì 7 ottobre 2008

Prologo - Un nuovo sogno d'amore, un nuovo paio di ali.

Ho sempre desiderato l'amore. Ho cercato a lungo, fino a che non l'ho trovato. Che esso si celasse in un luogo inaspettato, però, non avrei mai potuto immaginarlo.

Ho sempre sognato un rifugio caldo e accogliente tra le braccia di un'altro individuo. E ho vagato al freddo in gelide strade, per lungo tempo, fino a che non ho potuto immergermi in quell'abbraccio tanto anelato. Che quell'abbraccio fosse tanto accogliente da perdere completamente i sensi, però, non avrei mai potuto immaginarlo.

Ho sempre decantato l'importanza e la potenza dell'amore, senza conoscerne il reale senso. Quando l'ho conosciuto, ho capito che ciò che decantavo era in realtà ancora più importante e potente di quanto io credessi. Ma che quella potenza e quella importanza fossero tali da annullare completamente la totalità dell'essere, però, non avrei mai potuto immaginarlo.

Sognare e desiderare l'amore. Questa è sempre stata la priorità della mia vita. Perchè credo fermamente che il vero motore dell'universo sia quel sentimento controverso e ammaliatore.
Svegliarsi la mattina e, con gli occhi semichiusi, accorgersi della presenza di un altro essere accanto al proprio cuscino. Cercare affannosamente con i piedi freddi e intorpiditi il contatto di altri piedi altrettanto freddi e intorpiditi e scaldarli gli uni con gli altri. Accarezzare una testa spettinata sussurrando dolcemente buongiorno.
Una rosa fresca di giardino, con i petali ancora ornati da gocce di rugiada, accanto alla tazzina del caffè bollente a colazione.
Trascorrere le giornate in attesa di una parola d'affetto e comprensione, girovagare per la casa con gli occhi sempre fissi sul telefono che sembra non voglia squillare mai abbastanza.
Provare nuove ricette in cucina, aggiungendoci quel tocco personale che il più delle volte mina il risultato finale, con la speranza che siano apprezzate da chi le assaggerà. Magari dicendoti ti amo.
Queste sono le cose che ho sempre sognato per me.
Può sembrare stupido, irrazionale e terribilmente romantico, ma sono una donna. Cosa c'è al mondo di più irrazionabilmente romantico di una donna sognatrice?
Alcune donne sognano la carriera, la fama, la gloria; io ho sempre ammirato quelle donne così dannatamente testarde e tenaci. Ma io non sono come loro, io ho sempre bramato altro. Amore, per l'appunto. E per me, questo, non vuole assolutamente significare accontentarsi. Ho sempre desiderato quell'amore che brucia, consuma, toglie il respiro e annulla l'individualità dell'essere in funzione della coppia.
E dire che il nome che porto dovrebbe essere sinonimo di saggezza e virtù.

I sogni spesse volte restano tali. I miei, anche se non propriamente come io mi aspettavo, si realizzarono almeno in parte.
Purtoppo, non posso dire fortunatamente.

...nulla è inutile. Ogni essere ha la propria ragione d'esistere...

...nulla è inutile. Ogni essere ha la propria ragione d'esistere...

...e il riflesso nello specchio sarà ciò che l'individuo desidera...

...e il riflesso nello specchio sarà ciò che l'individuo desidera...

... non si può ignorare l'inevitabilità degli eventi...

... non si può ignorare l'inevitabilità degli eventi...