Per fortuna, o per sfortuna dipende dall'angolazione con cui si osserva la faccenda, sono a casa adesso, anche se come al solito, giunto a questo punto della giornata, non so proprio cosa fare.
Potrei chiamare Ivan e Gabry. No, meglio di no, mi hanno sopportato già troppo in questo periodo e preferisco lasciarli liberi di godersi l'intimità di coppia. Già, l'intimità di coppia. Una delle cose che più mi manca di noi, Zoe.
Tornare a casa la sera, infilare la chiave nella serratura e non fare in tempo a girarla che tu avevi già aperto la porta con il tuo merviglioso sorriso stampato sul viso. Oppure con l'espressione crucciata, quella forzatamente infantile e dolce, perchè avevi appena combinato un guaio. Magari in cucina. O magari al computer e non sapevi cosa fare per sistemare la cosa. O magari semplicemente perchè per tutto il pomeriggio non eravamo riusciti a sentirci.
Abbracciarti forte, salutare la piccola Prue e chiederti i miei canonici 10 minuti di solitudine chiuso in bagno. Minuti che tu, ovviamente, non rispettavi mai; dopo nemmeno due minuti eri lì, dietro la porta a grattare come un gatto dispettoso e ansioso di ricevere la sua dose di coccole.
Oh Zoe, quanto mi mancano queste piccolezze, questi attimi di infinita dolcezza.
Ovviamente adesso c'è Hikari qui con me ma, anche se la sua esagitata espressione di affetto mi riempie il cuore e i rientri a casa, non è la stessa cosa.
Eccola che mi guarda incuriosita mentre mi faccio la doccia, mi osserva, mi scruta, presta attenzione ad ogni mio più piccolo movimento dalla sua postazione, proprio sotto il lavabo. Aspetta paziente che le dia da mangiare e stasera è stranamente troppo paziente. Di solito corre per tutta casa disperata, scodinzolando e abbaiando, mentre adesso è insolitamente tranquilla. Chissà, magari ha capito che con il suo modo di fare a volte mi urta non poco.
Esco dalla doccia e mi avvolgo nel morbido accappatoio rosso che lei mi regalò qualche Natale fa e inizio a fissare la mia immagine allo specchio. Le gocce d'acqua scivolano lentamente sul mio viso. Guardo più attentamente. Lacrime.
"No, di nuovo... " ultimamente piango spesso senza rendermene conto. Senza una causa scatenante, senza alcun motivo. Le lacrime scendon giù da sole, come se nulla fosse. Apro il rubinetto e mi lavo la faccia, con foga, con rabbia. Via, via, queste lacrime non le voglio più. Sono stanco di versarle. Ogni lacrima lascia sul vio viso un solco incancellabile. Non è sabbia, il vento non rimetterà tutto a posto, è carne. Il mio viso è carne. E questi solchi fanno male.
Mentre preparo la cena Hikari mantiene ancora una compostezza e una tranquillità a lei di norma sconosciute. Meglio così, riuscirò a dormire un po' meglio stanotte.
Un piatto di pasta, un bicchierino di Sambuca per digerire meglio e conciliare il sonno e passeggiata pre-dormita con la cagnolina stranamente docile e mansueta.
"Cos'hai stasera? non stai bene? Inizio un po' a preoccuparmi... domani se stai ancora così, andiamo di corsa dal veterinario." le dico mentre è intenta ad annusare ogni angolo del vialetto. Ormai le parlo come se fosse una figlia. Se qualcuno mi sentisse mentre lo faccio mi prenderebbe per pazzo.
Entriamo nell'area di sgambo del parco vicino casa, dove a quest'ora non c'è mai nessuno, e la lascio libera di scorazzare dove e come vuole. Un fulmine sull'erba. Corre, salta, si blocca e drizza le orecchie, poi riparte, scatta a destra, a sinistra. Vederla così vitale è una gioia immensa e mi tranquillizza molto. Forse è così mansueta senza una ragione particolare. O forse perchè la mia reazione di stamattina alle parole della vicina l'hanno spaventata. Ah, già, che stupido. Qullo era un sogno. Soltanto un sogno, purtroppo. Eppure era così reale, così tangibile, così... desiderato.
"Ehy, bestia, torniamo a casa." le urlo dolcemente. Bestia. La chiamo così, affettuosamente.
Alle mie parole si ferma di colpo e inizia a fissarmi. La esorto.
"Hikari, dai, è tardi. 'ndiamo!" parte a razzo, verso di me. Una scheggia nell'aria. Le metto il guinzaglio e le dò un leggero strattone. Si torna a casa.
Arrivati a destinazione Hikari corre subito verso le sue ciotole e inizia a bere, ignorando i croccantini che sono nell'altra accanto.
Sistemo il guinzaglio sul mobiletto all'ingresso e mi soffermo dinaanzi al quadro sul cavalletto.
"Devo darci del fissativo, il carboncino stà venendo tutto via." il mio dito indice accarezza i capelli di sanguigna sulla tela, seguendo il movimento che gli ho dato quando l'ho realizzato.
"Avrei dovuto fare in modo che sembrassero più morbidi... lei li ha più morbidi." non mi convince molto, quel quadro. Solitamente, se c'è anche un piccolissimo particolare che stona con l'idea che ho quando lo realizzo lo distruggo. Cutter alla mano e via di tagli sulla tela. Eppure, con questo non sono in grado di farlo, non ci riesco.
"Hikari, andiamo a dormire?"
La mia piccolina mi segue felice in camera e salta sul letto appena mi siedo e mi tolgo le scarpe. Mi spoglio, gettando i vestiti sul cumulo di abiti dall'altra parte della stanza e senza rendermene conto, con Hikari accanto, sono già sopito.
Mi giro e rigiro nel letto, cercando la posiione ideale. Fa caldo. Fa troppo caldo qui. Quasi quasi faccio come Hikari e mi trasferisco sotto il letto, sul pavimento. Almeno starei a contatto con qualcosa di freddo.
"Che c'è? Non riesci a dormire?"
Questa voce. Mi volto e apro gli occhi lentamente, molto lentamente. Il suo sorriso mi travolge come un uragano nel pieno della sua potenza.
"Zoe... " sussurro. "sto sognando, vero?" le chiedo, rassegnato.
"Ma cosa dici?" la sua voce calda riempie le mie vene, come ha sempre fatto. "Vieni qui e abbracciami. Anche se fa caldo." si volta dall'altra parte e mi porge la schiena. Amo quando ci abbracciamo così, accoccolati nel letto, l'uno accanto all'altra, l'uno dentro l'altra.
"Zoe, perchè non torni da me?" le sussurro, scostandole i lunghi e morbidi capelli rossastri dall'orecchio.
"Ma ti senti bene, Sasha?" ribatte con dolcezza. "Io sono qui. Adesso dormi, domani si lavora."
"Voglio fare l'amore, Zoe." la mia mano si allontana lentamente dalla nuca e inizia ad accarezzare i suoi fianchi. Si volta verso di me e fissa i miei occhi increduli.
"Cosa c'è?" mi chiede, accarezzandomi i capelli sulle tempie. "Cosa ti turba?"
"Nulla Zoe. Ti amo immensamente, lo sai vero?"
"Si, lo so. Anche io ti amo immensamente."
"Tanto, troppo, mai abbastanza Zoe."
"Tanto, troppo, mai abbastanza." mi ripete. Entro in lei, dolcemente, e dolcemente vi resto. Mi cullo nel suo calore. Mi lascio trasportare dalle vibrazioni della sua essenza più profonda. E' lei. E' com'è sempre stata.
Hikari, da sotto il letto, emette un gemito. Sta sognando.
E io? Sto sognando?