I miei occhi faticano ad aprirsi.
A nulla serve l'incessante e martellante suono della sveglia, i miei occhi non vogliono aprirsi e guardare per il trentesimo giorno quel soffitto bianco, vuoto, sconosciuto.
Hikari continua a leccare il mio braccio emettendo guaiti fastidiosi. Vuole scendere giù, vuole fare i bisogni che ha trattenuto per tutta la notte. Devo ammettere però che la sua lingua calda sul mio braccio è una sensazione piacevole, come poche riesco a provarne ultimamente.
Un mese.
E' trascorso soltanto un mese. O forse dovrei dire che è già trascorso un mese. Dove sei adesso? A cosa stai pensando? Cosa stanno guardando quei tuoi occhi meravigliosamente profondi?
I miei occhi chiusi stanno osservando una nostra foto insieme, ben impressa nella mia anima, scattata l'anno scorso, in montagna. I due uomini delle nevi, come ci avevi definiti tu, vestiti nello stesso identico modo, con lo stesso identico sorriso di chi si ama profondamente, intensamente, incontrollabilmente. Non è il bianco della neve intorno a noi ad illuminare le nostre figure. Non è il sole, forte e deciso sui nostri giubbotti neri e riflesso nei nostri occhiali da sole, a scaldare quell'immagine così bella.
Siamo noi stessi a brillare. Il tuo braccio, saldamente ancorato al mio. La tua spalla destra che sfiora la mia spalla sinistra, quasi a voler ricordare l'appartenenza dell'uno all'altra.
I nostri sorrisi, veri, vitali, innamorati.
I miei occhi chusi stanno osservando quell'immagine nell'enorme bagaglio dei ricordi. I tuoi, invece? Hanno ancora la possibilità di incrociare un nostro abbraccio, in quella che è stata la nostra casa oppure hai già tolto tutto ciò che poteva ritrarre il nostro amore?
E' passato un mese, soltanto un mese, già un mese. E io sono qui a chiedermi perché non abbiamo avuto la forza di ritentare. Perché non hai avuto la forza di ritentare. Perché non hai voluto ritentare.
La risposta, probabilmente, la conosciamo entrambi. La differenza tra noi è che io ho il coraggio di ammetterlo, pur facendomi male, pur causando nel mio animo un dolore difficilmente immaginabile da un essere umano.
Dove sei, amore mio? Cosa stai facendo ora?
E io, dove sono?
Cosa farò ora?
Sarò in grado di riprendere in mano le redini della mia vita?
Sarò in grado di ricostruire pezzo per pezzo il puzzle del mio cuore in frantumi?
Sarò capace di ricominciare da me stesso?
Ci ho provato, ci sto provando. Ho raccolto ogni pezzo di me dal terreno e lo sto pian piano rimettendo al posto che gli compete ma ogni volta sembra che io commetta qualche errore; tutto cade in terra di nuovo.
Apro gli occhi, finalmente, ma solo perché Hikari decide di saltarmi di peso addosso e iniziare a ringhiare. Poverina, non riesce più a trattenersi; la mia apatia non deve assolutamente ripercuotersi su questa cagnetta dolcissima, non sarebbe giusto far pagare a lei la mia totale mancanza di voglia di fare.
“Buongiorno amore di papà” le sussurro accarezzandole il muso. La sua risposta è un balzo sul pavimento e un abbaio di rimprovero. Non posso darle torto.
Mi alzo e infilo i jeans riversi sul pavimento, cerco la maglia che avevo indosso ieri sera ma in tutto questo caos non riesco a raccapezzarmi. Quella rosa, stropicciata e probabilmente sporca, andrà benissimo, dopotutto deevo solo portare il cane giù.
Hikari mi attende paziente alla porta d'ingresso, seduta diligentemente su due zampe e con la coda in costante e regolare movimento. Destra, sinistra, destra, sinistra, destra, sinistra...
“Andiamo, bestia!”
Nel chiudere dietro di me la porta di casa il mio sguardo cade sull'ultima tela che ho dipinto ancora appoggiata sul cavalletto. Sembra sorridermi. Non posso che ricambiare quel sorriso, anche se il mio sorriso è ormai velato da una profonda tristezza.
Questa passeggiata è durata troppo, forse è meglio tornare in casa e decidere cosa fare della giornata di oggi, la prima giornata libera da un bel po' di tempo. Ovviamente Hikari non vuole saperne di tornare su. Sulla strada del ritorno incontro la mia vicina di casa, gentilissima signora di mezz'età forse eccessivamente accondiscendente e sorridente. Mentre mi parla, non so ben di cosa, i suoi troppi sorrisi mi disturbano non poco ma purtroppo il mio dover essere gentile e cortese con tutti non mi permette di dirle ciò che vorrei. Un momento. Neel fiume di parole appena pronunciate mi è sembrato di sentire qualcosa di strano.
"Mi scusi signora, cosa ha detto?" chiedo garbatamente.
"Nulla, dicevo solo che la tua ragazza stamattina è stata così gentile da aiutarmi a portare su in casa la spesa. E' proprio una persona carina, così a modo. E poi è molto bella sai? Dovresti..." le sue parole non entrano più nelle mie orecchie. Il mio pensiero è fisso sulla frase che ha proninciato pochi secondi prima. La mia ragazza?
"Mi scusi signora, è sicura che sia stata proprio la mia ragazza?" le chiedo. Magari si sbglia.
"Certo che ne sono sicura. La conosco bene, io. Vivete qui da un mese ormai. E poi vi vedo sempre insieme!" ma cosa sta dicendo questa donna? Io vivo da solo, da un mese. O forse... forse è stato solo un incubo. Forse questo ultimo mese è stato solo frutto della mia immaginazione e adesso lei è lì, a casa che mi aspetta.
"Mi scusi signora, adesso devo scappare. Ci vediamo presto, intesi?" non le lascio il tempo di rispondere. Sono già di corsa, con Hikari al seguito, verso casa. Mi sembra di volare, la sensazione è quella di non toccare affatto l'asfalto. Lei è lì, lei è a casa. Le immagini di ciò che è intorno a me si distorgono, passano veloci nel mio campo visivo, nulla è nitido tranne che la mia meta. Casa. Salgo le scale in tutta fretta, la povera Hikari mi segue sfinita su per le rampe e senza emettere un solo gemito. Ha capito perchè corro, ha capito perchè ho tanta fretta, forse è felice anche lei.
"Zoe" urlo il suo nome mentre spalanco la porta di casa. Una luce accecante mi costringe a chiudere gli occhi. Li riapro subito, un solo istante. Quello che vedo è un soffitto bianco, asettico, ancora sconosciuto. Quello che sento è il suono incessante della sveglia. La lingua calda e umida di Hikari sul braccio. Una lacrima sulla mia guancia.
Risveglio.
1 commento:
Basta una sola parola:INCANTEVOLE.
Un bacio Nico
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