Quella notte non riuscii a chiudere occhio. I pochi attimi vissuti con Micael tornavano a turbare la mia mente ogni qual volta chiudessi gli occhi. Continuai tutta la notte ad annusare la mia mano, quella che lui mi aveva stretto, con la convinzione che vi fosse rimasto impresso il suo odore, qualcosa di lui, magari quella strana piuma tatuata.
Trascorsi quelle interminabili ore di veglia forzata ad ascoltare il battito del mio cuore e il fluire del mio respiro nell'aria, permettendo loro di cullare l'immagine che i miei occhi continuavano a proiettare sulle pareti buie della stanza.
La sua voce continuava a rindondare nelle mie orecchie, senza darmi tregua, senza lasciarmi possibilità di scampo alcuno; ma la cosa non mi irritava, tutt'altro.
Mi voltai più volte a guardare la sveglia posta sul mio comodino, fino a che non mi accorsi che il mattino era oramai giunto e io avevo trascorso tutta la notte senza dormire neanche per un istante.
Mi levai dal letto, per nulla assonnata, e mi recai in bagno a darmi una sistemata; dovevo necessariamente rendermi il più possibile presentabile. Mia madre si sarebbe accorta senza difficoltà che avevo passato la notte in bianco e da lì sarebbe partita la predica che sarebbe sicuramente sfociata in un brusco litigio.
Il mio risentimento nei suoi confronti non doveva essere alimentato in alcun modo, quindi dovevo necessariamente evitare qualsiasi tipo di discussione con lei. Il suo austero modo di fare, la sua intransigenza, il suo denigrante atteggiamento nei confronti di mio padre avevano avuto il solo merito di mostrarmi il tipo di persona che io non sarei mai dovuta diventare.
Scesi le scale in silenzio, per paura di svegliare i membri della famiglia che erano ancora tra le braccia di Morfeo a quell'ora e mi diressi in cucina per preparar loro la colazione. Spremute d'arancia, pane tostato con marmellata e qualche frittella calda con le fragole e lo sciroppo d'acero. Stavo pensando a cosa avrebbero gradito di più quando entrai in cucina e vidi mia madre già intenta a fare ciò che avrei voluto fare io. La cosa mi irritò non poco ma cercai di non darglielo a vedere.
"Buon giorno mamma." dissi, avvicinandomi a lei.
"Già in piedi? Bene, stai imparando." fu la sua risposta.
"Si mamma, sto imparando." ritrassi la mano con cui stavo per toccarle la spalla e mi voltai nervosamente. Mai una parola carina nei miei confronti, mai un gesto materno. Mi stupivo di come un uomo dolce come mio padre avesse potuto sposare o amare una donna del genere. Inizialmente credevo che il mio fosse solo il classico astio adolescenziale nei confronti della figura materna, quel periodo di ribellione che tutti prima o poi passano nella propria esistenza. Ma quel periodo durava da lungo tempo; oramai avevo ventidue anni e mi rendevo conto di come la realtà fosse proprio quella che avevo sempre immaginato. Mia madre era una donna rigida, inflessibile e fredda come il ghiaccio. Non lasciava trasparire emozione alcuna, neppure nei confronti dell'uomo che aveva accanto e che a mio vedere rappresentava il sentimentalismo e il romanticismo fatto carne.
"Ti do' una mano a preparare la colazione?" chiesi. Conoscevo la risposta che mi avrebbe dato, ma non mi sarei aspettata ciò che aggiunse in seguito.
"No, grazie, faccio da sola." non si voltò neppure per rispondermi. La cosa mi irritava da morire. "E poi, cosa vuoi aiutare? Si tratta di cucinare, non di spennellare su una tela. Tu resta al tuo posto e io resto al mio. Chissà se troverai mai un uomo in grado di cucinare. Almeno lo farà lui al posto tuo."
La sua risposta mi ferì. Come al solito. Quella volta però notai ancora più astio nelle sue parole. Mi alzai e uscii dalla cucina senza dire nulla; cosa avrei potuto dirle? Mentre mi accingevo a salire le scale per tornare in camera mia incrociai mio padre che stava scendendo per la colazione.
"Buongiorno angelo mio." mi disse sorridendo. Scoppiai in lacrime sentendo la sua voce e le sue parole, che involontariamente misi a confronto con le parole appena udite da mia madre.
"Tesoro mio, cosa c'è?"
"Nulla papà, nulla." non avevo mai parlato a mio padre del modo in cui lei mi faceva sentire, delle parole che mi rivolgeva, dell'astio che percepivo nel suo sguardo. Ma lui lo sapeva. Ne era cosciente ma non poteva fare nulla.
Dinanzi a mia madre tutte le persone diventavano incapaci di reagire, quasi temendo il suo oscuro potere intimidatorio. Non mi stupivo che mai nessuno ci venisse a trovare. La colpa era sua.
"Vuoi andare a fare due passi?" mi chiese, sollevandomi il mento con la mano sinistra.
"Credo che andrò da sola. Tu vai pure a fare colazione. Grazie." risposi. Mi voltai e tornai al piano inferiore, prendendo la giacca e dirigendomi all'ingresso.
"Volevo preparare le fritelle." dissi a voce bassa.
"Mentre farò colazione, chiuderò gli occhi e immaginerò di mangiare quelle." mi disse sorridendo dolcemente. La sua voce e il suo modo di parlarmi avevano il potere di far tornare la pace dentro di me.
Il vialetto era completamente deserto e il suono dei miei passi risuonava nel silenzio del mattino. Cercavo di svuotare la mia mente e il mio cuore dalla tristezza che la donna che chiamavo mamma mi aveva causato, per l'ennesima volta. Immaginavo che l'aria che respiravo, una volta uscita dal mio corpo portasse via con se una piccola parte del mio dolore, un piccolo frammento di tristezza. Non mi resi conto di quanto avevo camminato fino a che non mi ritrovai dinanzi alla piccola chiesa del paese.
La piazzetta dinanzi ad essa era popolata di piccioni e colombe bianche che picchiettavano con foga il suolo in cerca di cibo. Cercando di non disturbarli mi avvicinai ad una panchina e sedetti in silenzio ad osservarli. Poco dopo mi accorsi di non essere sola. Prima ancora di alzare lo sguardo, verso la panchina dirimpetto la mia, sapevo già chi fosse l'altra presenza. Non so spiegare come, ma sentivo dentro di me la sua presenza.
"Buongiorno Sophia." mi disse, gettando del pane raffermo ai piccoli volatili intorno a lui.
"Che coincidenza, eh Micael?"
"Il caso non esiste, Sophia." rispose senza esitazione, quasi come se conoscesse ciò che avrei detto.
"Deduco che tu mi abbia seguita, quindi."
"Assolutamente no. Non ho bisogno di seguirti. Io sono sempre stato con te, dal momento in cui ci siamo conosciuti." si alzò e iniziò ad avanzare verso di me. La cosa che mi colpì particolarmente fu il fatto che, pur camminando tra di loro, i piccioni non si preoccuparono minimamente della sua presenza e continuarono a picchiettare il suolo senza spostarsi di un millimetro. Se mi fossi alzata io, quegli uccelli sarebbero volati via in un attimo.
Invece erano ancora lì e lui camminava in mezzo a loro come se fosse un piccione qualunque.
"Davvero? Ma io non ti ho visto." dissi appena me lo trovai a pochi centimetri.
"Ero qui." disse, toccando con il suo dito indice la mia fronte e poi, spostandosi in giù verso il petto "e qui". Si fermò sul cuore, senza toccare il mio corpo in quel punto, da vero gentiluomo.
"E io?" chiesi, iniziando a sentirmi vagamente in imbarazzo.
"Tu eri qui." disse coprendosi gli occhi con la punta delle dita.
La mattinata iniziata male iniziava a prendere una piega decisamente migliore.
3 commenti:
EHILA', allora ci sei!! sempre alla grande^^ -esprimi i sentimenti dei personaggi, di cui scrivi, in maniera eccezioinale (a dir poco x stare leggeri)- MITICO ANCHE QUESTO TERZO FRAMMENTO TANTO ATTESO... ah dimenticavo non farmi aspettare un'eternità. prima di poterne leggere il seguito.... INTESI?!!
by # Marylisa #
BELLO BELLO STRABELLO... ho aspettato un'eternità ma devo dire che nè è veramente valsa la pena!
CIAO... che bello hai pubblicato frammenti splendidi!! Gli insegnanti di letteratura che hai avuto durante la formazione scolastica devono essere fieri del lavoro che hanno fatto, anche se credo che il merito sia solo tuo perchè sei riuscito a fare tesoro di ciò che ti è stato insegnato e con la tua dote indiscutibile, ora hai tutte le carte in regola per poterti godere il grande successo che stai avendo..(anche a me piace scrivere e spero un giorno di poterlo fare)vorrei riuscire a trasmettere tanto come te, ma so che non sono alla tua altezza... In questi casi o sei dotato o lo studio e la lettura ti aiutano fino ad un certo punto, poi devi cavartela con le tue sole forze;x me tu, pur non conoscendoti, 6 "maestro" anche in questo!! Auguri _less da perugia_
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